Libert nel lavoro by Giovanni Mari;

Libert nel lavoro by Giovanni Mari;

autore:Giovanni, Mari; [Mari, Giovanni ]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Sociologia, Economia, Saggi
ISBN: 9788815356376
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2019-08-15T00:00:00+00:00


La trasformazione del lavoro in «azione»

La storia dell’idea di autorealizzazione nel lavoro che abbiamo cercato di tracciare, ancorché sinteticamente, mi sembra permetta, e forse richieda, alcune considerazioni finali (ovviamente non «conclusive»), che potranno chiarire meglio la natura del lavoro posta ad oggetto della presente ricerca, oltreché inserirsi nel dibattito in corso sulle trasformazioni del mercato del lavoro («fine del lavoro», jobless society, polarizzazione)[100]. Ciò permetterà anche di approfondire ulteriormente il problema che attraversa il presente volume: la questione dei rapporti di comando che riguardano il lavoro subalterno.

Ciò che occorre innanzitutto sottolineare è che il lavoro della conoscenza e quello 4.0 offrono la possibilità di un’autorealizzazione nel lavoro subalterno ignota – per qualità e quantità di persone coinvolgibili – alle società che hanno preceduto l’attuale. Si tratta solo di una possibilità, e quindi di una sfida aperta, ma concreta, perché le forme di controllo e di valutazione digitali, che spesso vengono citate a sostegno dell’impossibilità di ogni incremento della libertà nel lavoro, non possono spingersi oltre certi limiti, se non vogliono annullare la fonte principale del profitto, cioè la creatività e la responsabilità del lavoro. Tali limiti non sono uguali per ogni processo produttivo, né fissati una volta per tutte; il neotaylorismo digitale può essere molto spinto in certi ambiti produttivi e in determinati modelli di business – soprattutto se fondati, come la logistica, su un largo impiego di attività manuali – ma molto ridotto in altri.

Affinché l’autorealizzazione nel lavoro dipendente non diventi un’occasione persa, occorre però un’iniziativa di progetto e di organizzazione da parte del lavoro, rivolta, tra l’altro, a combattere la segmentazione dei processi e delle condizioni di lavoro, cui corrispondono differenti forme di riconoscimento dei diritti. In assenza di una tale iniziativa, le trasformazioni non potranno che essere l’occasione di una «rivoluzione passiva» volta a conservare i rapporti sociali tradizionali.

Un’ulteriore considerazione riguarda la natura del lavoro 4.0, il quale, come evidenziato dalla precedente ricostruzione storiografica, mette in crisi l’idea – sempre predominante, anche se più radicata in certi periodi che in altri – che il lavoro sia un’attività priva di una finalità in sé, e che quindi sia sempre svolto per necessità o per dovere e caratterizzato da mancanza di libertà e autorealizzazione. La subalternità è allora la forma in cui questa illibertà diviene concreta attività socialmente comandata perché insoddisfacente. E il salario costituisce la motivazione e la compensazione del lavoro svolto illiberalmente, e insieme la promessa di un tempo di non lavoro in cui sia possibile ricercare soddisfazioni acquistabili (consumi): un «tempo libero» contrapposto al lavoro. Quindi il fatto che nel lavoro subalterno si possa invece trovare un’autorealizzazione – crescita personale, soddisfazione e libertà – cambia completamente la prospettiva: vengono meno le contrapposizioni tra praxis e poiesis (Aristotele), tra arti liberali e meccaniche, tra «professione» (Beruf) e lavoro (Weber), insomma tra azione per sé e attività eterodiretta (lavoro), che sono, come già ricordato, alla base della nostra cultura[101]. La fine di questa forma di contrapposizione, che nel primo capitolo è stata trattata in termini di conoscenza e



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